Qui in cielo meno angeli e più stelle
LUCIANO GENTA
(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 18 giugno)
Anche qui i dati parlano chiaro: stravince Camilleri e porta il valore dei 100 punti, nel nostro campione di sole librerie, ancora più in alto, sopra le 28 mila copie. Ma è praticamente solo. Se fissiamo un quorum dei bestseller ad almeno 5000 copie la settimana, lo superano appena altri tre autori: Zafón, la Cornwell e la Diffenbaugh. Poi è una progressiva corsa in discesa. Non è una stagione brillante per le casse di librai ed editori, il mercato ristagna. Nella tabella dei primi 10 ci sono 9 conferme e un solo cambio: scendono gli angeli pasticcioni della Trussoni e salgono le stelle di Calabresi, un libro che sembra fatto apposta per incitare a resistere e insistere quei giovani precari definiti «l’Italia peggiore» dal ministro Brunetta. Il quale forse non ha ancora avuto modo di leggerlo. Del resto, come dice un nostro amico che è amico di Crozza, «Brunetta non è all’altezza di Calabresi». Nella narrativa italiana, assoluta invisibilità per le cinquine designate da Strega e Campiello: si vedrà nella seconda metà di luglio (e poi a settembre) se e quanto scatterà l’effetto premio. Finora l’unico titolo in gara apparso nelle settimane scorse nelle nostre tabelle è La vita accanto di Maria Pia Veladiano, mentre il primo degli esclusi dalla finale del Ninfeo di valle Giulia, Nel mare ci sono i coccodrilli di Geda resiste da 59 settimane (questo sabato è 13°). Nella narrativa straniera si affaccia Il gabbiano di Marai, scritto subito dopo Le braci, quasi un remake, con un triangolo, un uomo e due donne, l’una la copia (la resurrezione) dell’altra, un amore negato e perduto, rimpianto e forse ritrovato. Possono valere per Marai - ed anche per noi, giunti forse alle ultime pagine del «romanzo criminale» che via via i giornali ci stanno raccontando - i versi di Landolfi raccolti da Adelphi in Viola di morte: «...Quando una mano benigna/ Ci pulirà l’anima,/ E qualcuno dirà. “Ora siete/ Novellamente nuovi;/Guardiamo come farete/ A insudiciarvi daccapo”».
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