Silvia Bolis |
Silvia Bolis-Presentazione in LiberaMente |
Pubblico in LiberaMente 2 Marzo 2013 |
Illustrazione di Laura Spianelli e Simone Delladio |
SABATO 2 MARZO alle ore 17:00
presso la Libreria LiberaMente
di Oggiono (LC)
Presentazione del libro “Camino, il
treno che sapeva sognare”
(Il
Ciliegio edizioni www.edizioniilciliegio.com
)
Incontro con l’Autrice Silvia Bolis
Ingresso libero.
Silvia
BOLIS
è nata a Lecco nel 1975, vive
a Olginate (Lecco) e lavora come copywriter libera professionista. Per diversi
anni, come Camino, ha percorso ogni giorno la stessa tratta ferroviaria:
nel suo caso la Lecco-Milano. Ha
scoperto così che i treni sono ispirati e generosi cantastorie e a questa loro
segreta natura ha pensato di dare voce.
Dall’INTRODUZIONE di Camino
Lentamente muore/ chi diventa
schiavo dell'abitudine,/ ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,/ chi non
cambia la marcia,/ chi non rischia e cambia colore dei vestiti,/ chi non parla
a chi non conosce. […] Muore lentamente chi evita una passione,/ chi preferisce
il nero su bianco e i puntini sulle "i"/ piuttosto che un insieme di
emozioni,/ proprio quelle che fanno brillare gli occhi,/ quelle che fanno di
uno sbadiglio un sorriso,/ quelle che fanno battere il cuore/ davanti
all'errore e ai sentimenti (Martha Medeiros)
D'ora in poi non guarderete più
un treno con gli stessi occhi. Dopo avere letto questo splendido libro: Camino-Il
treno che sapeva sognare. E non temete di commuovervi pagina dopo pagina,
non vergognatevi di quei dolci moti e sconvolgimenti che sorprenderete dentro
il vostro animo nello scorrere i pensieri, la malinconia, i sogni, le speranze,
la nostalgia evocati da Camino, il treno che deve percorrere la tratta da Qui e
Là e ritorno, due città separate da poche decine di chilometri.
Due binari in un infinito uguale,
ma il viaggio può essere sempre diverso. Se si vuole, se solo si sa udire la
musica della pioggia, assimilare, immergendovisi, la struggente bellezza di un
tramonto, abbandonarsi alla musica del vento, farsi carezzare dai milioni di
farfalle quali sono i fiocchi di una nevicata, lieve elegante ed educata danza
senza tempo, accettare l'incognito dono di ogni nuovo giorno, abitare le
misteriose e confortevoli dimore della nebbia, non considerare il ricordo come
un rischio o un pericolo. Se solo non ci si dimenticasse d'esser stati bambini
e di essersi stupiti alla magia del mondo che si rivela, al fiore che il
mattino si schiude, all'arcobaleno che porta altrove, alle isole celesti. Se
solo – noi umani – desiderassimo, ancora e sempre, stupirci: una scelta
semplice e doverosa; una semplicità cui nessuno dovrebbe rinunciare, chiave di
volta (l'unica) della saggezza e, soprattutto, dello stare bene in sé e con sé,
con gli altri.
Davvero Silvia Bolis ha saputo
creare una storia deliziosa, una meravigliosa parabola, un po' come Firmino, il
topo intelligente e cultore di libri portato al successo da Sam Savage. La
differenza è che Firmino ha una matrice d'incolmabile diversità e un marchio di
latente infelicità: l'anima di un uomo nel corpo di un ratto… Camino, no.
Camino è felice, ha degli amici: l'Ingegnere che l'ha creato, il suo papà;
Alba, una bambina speciale che sente i pensieri del giovane treno – “Il treno
non voleva illudersi, eppure… lei riusciva a vederlo! Tutte le persone vedono i
treni, ovviamente, e si vedono tra loro, ma ci sono tanti modi di vedere e
nessun umano, a parte l’Ingegnere, era mai riuscito a penetrare con lo sguardo
nella sua parte più profonda, quella in cui prendevano forma i suoi pensieri.
Eppure lei ci riusciva perché i Bambini, di solito, riescono a vedere l’anima
delle cose. Mi chiamo Alba, disse la bambina al treno, vuoi giocare a
palle di neve con me?” –; gli altri treni, fra cui il Vecchio Merci; la
nave Rose che solca gli oceani, conosce infinite storie e sente il canto delle
balene. Camino saprà uscire dai binari della consuetudine, dal quieto e
mortifero grigiore dell'assuefazione – scriverà persino un romanzo (!) pur non
avendo le mani –, e vedrà il mondo
traversando l'immensa distesa salata dell'Atlantico per approdare a Here (San
Francisco) nella scintillante baia protetta dal suo rosso o aureo, a seconda
della luce, ponte, porta verso altre terre, onde, voci, idee, orizzonti.
“Il rumore delle sue ruote di ferro sulle
rotaie si era attutito sempre di più, per poi scomparire. Ad un tratto tutto
era silenzio, luce e velocità. Camino non vedeva più i boschi, l’oceano e
nemmeno le rotaie, ma riusciva a percepirli in lontananza come le cose che si
vedono in sogno. L’aria che lo attraversava sembrava sciogliere uno dopo
l’altro i nodi che si portava dentro: i dubbi sul futuro, la nostalgia, il dolore
e la rabbia di quando si era sentito abbandonato, la paura della nebbia. Tutto
veniva dissolto in quello strano vento che aveva il potere di raggiungere le
parti più profonde della sua anima. Dissolto e trascinato lontano. Allora
Camino capì che cosa si prova a essere liberi. “Non ho più i binari!” si disse,
con l’assoluta certezza che da quel momento avrebbe potuto andare dove voleva.
E quella splendida sensazione aveva il sapore inconfondibile della verità”.
Colpi di scena si succedono... ci
sarà pure uno sciopero dei treni, nel senso che viene deciso proprio dai treni,
oltre la volontà degli umani inconsapevoli e immemori; in un sogno, piccola
fantastica parentesi di ironica surrealtà compare Albert Einstein e i diagrammi
di Gantt dialogano fra loro e i numeri primi sorseggiano cocktail. La
costruzione del racconto è perfetta: un'architettura bizzarra ma solida come
una casa di Gaudí; inventività senza confini ma con
essenzialità di linee; una serena commistione di elementi naturali e
intellettuali; fuochi d'artificio nell'atmosfera lunare. E il valore della
solidarietà, oltre ogni logica di cinismo e d'egoismo.
Un elemento hanno invece in
comune il bestseller di Sam Savage e il libro di Silvia Bolis: la straordinaria
qualità della scrittura. L'augurio è che questo lavoro della giovane autrice
conosca la miglior fortuna, lo merita per i profondi contenuti che esprime, per
i messaggi che veicola senza alcuna saccenteria, per la soavità, mai scevra di
incisività, dello stile, per gli squarci di poesia che s'aprono al cuore.
Una favola, un apologo di lieta e
sapiente stralunatezza, che appaga, che si scolpisce con gentile prepotenza
nelle nostre fibre sentimentali. Indimenticabile, genuina, toccante vicenda che
tutti coinvolge e riguarda: il viaggio, la vita.
Soltanto l'ardente pazienza/
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Buon viaggio, Camino. Buon
viaggio, o nostro lettore.
Alberto Figliolia
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