L'Appiani, la polenta e ul Feròn de Ugiònn

 
L’Appiani, la polenta e ul Feròn de Ugiònn
Non è una provocazione parlare d’arte in un contesto di fiera paesana come ul Feròn de Ugiònn. Perché questa fiera, che ormai compie la bellezza di 403 anni, racchiude in sé la storicità e la tradizione di un paese, certamente la sua cultura secolare. E non mi riferisco solo al fatto di aver dato i natali a Giovan Marco D’Oggiono, di Leonardo allievo, di aver fatto parlar di sé il grande Stendhal nel suo “Viaggio in Brianza”, ma anche per il mecenatismo e la lungimiranza, oserei dire perché dotati di una sensibilità artistica rara, dei nostri nonni, nati sì contadini, ma pronti ad abbellire la loro chiesa e il loro paese di opere di grandi artisti, certamente i migliori del loro tempo.
Sarebbe stato un peccato grave non legare la fiera che porta tanta gente in città, anche da fuori, con uno di questi artisti. Giusto per farlo conoscere: il pittore Andrea Appiani, natali brianzoli, celebrato dai contemporanei, amato da Napoleone Bonaparte che lo nominò “premier peintre” di corte, nonché commissario direttore della neonata Pinacoteca di Brera. Un curriculum di tutto rispetto che lo annovera fra i testimoni artistici del periodo compreso fra l’Illuminismo e le vicende napoleoniche, insomma uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo lombardo e italiano.
Per chi si chiederà perché proprio questo pittore, rispondiamo che banalmente il chiamarsi Andrea in una fiera che si definisce di Sant’Andrea avrebbe la sua importanza, ma soprattutto per due motivi che banali non lo sono affatto.
Il primo perché quest’anno ricorre il bicentenario della morte, avvenuta il mese di novembre 1817. Non disquisisco sulla data precisa che rimane un mistero, poiché il nostro artista lasciò la lacrimata terra, come riportato nel libro degli atti di morte della parrocchia S. Maria della Passione di Milano il giorno 8 novembre 1817, mentre la lapide che ornava la tomba nel famedio di Porta Orientale citava il 6 novembre 1817.  Beh, giorno più, giorno meno.
Ma a noi interessa il secondo motivo, ben più importante perché riguarda lo “Sposalizio”.  Oggiono possiede infatti una delle opere a soggetto sacro più importanti di Andrea Appiani del periodo antecedente la venuta di Napoleone Bonaparte. L’affresco si trova nella Prepositurale di Sant’Eufemia. Esattamente nella prima cappella a destra dell’ingresso principale. Il titolo è “Lo sposalizio della Vergine”. Opera firmata Andreas fecit anno 1790.
 Otto figure compongono lo Sposalizio di Maria Vergine dipinto a fresco dall’Appiani nella sua Cappella d’Oggiono posta nella chiesa maggiore a destra entrando: 2 figure a destra di Giuseppe il Sacerdote la Vergine, e 3 figure dopo Lei magistralmente disposti e d’intera figura…(Reina)
L’opera da poco restaurata, con la committenza dell’Associazione Università del Monte di Brianza è magnifica e merita di essere vista. Durante i giorni di fiera i ragazzi dell’Istituto Bachelet di Oggiono faranno da guida per le visite allo “Sposalizio”nella chiesa Prepositurale.
Ma la fiera è anche cibo, occasione per ritrovarsi, magari sotto il tendone giallo della Pro Loco di Oggiono, per gustare i piatti tipici della Brianza, quest’anno arricchiti dalla “Polenta dell’Appiani” o se preferite “di Andrea”. E allora, perché no. Unire la cultura al cibo. Una capatina culturale a vedere l’affresco dell’Appiani o il Polittico di Marco D’Oggiono e poi sedersi davanti ad uno squisito piatto di polenta con… vi lascio nel mistero. Gli ingredienti li scoprirete mangiando.
Ah, dimenticavo. È doveroso ricordare che la produzione artistica di Andrea Appiani è sempre stata dedita ad opere di soggetto mitologico o storico ed alla ritrattistica. Infatti, solo in età giovanile si concentrano le opere destinate ai luoghi di culto, poiché l’artista considerava le committenze ecclesiastiche mere occasioni di lavoro. Quando si è giovani, bisogna farsi un nome, riempire il curriculum di competenze e qualifiche, anche a costo di essere pagati poco o nulla. Tesi ancor oggi veritiera Passano i secoli, ma la storia non cambia! “Pei dipinti d’Arona non ebbe nulla: e soleva dire a’ suoi scolari, che bisogna dipingere il fresco quando lo dava l’occasione per cominciare ad imparare la pratica, com’egli aveva fatto”(Reina)
E io aggiungo. Pare che lo Sposalizio della Vergine fu commissionato dalla famiglia Appiani del ramo oggionese per la Cappella di famiglia. Non esistono infatti documenti di pagamento del lavoro. Ci piace pensare che Andrea sia stato pagato con una… fumante fetta di polenta, magari con la “luganiga”. Buon appetito a tutti.

Leonardo e il paesaggio lariano

Leonardo e il paesaggio lariano. A Mandello serata in ricordo di Luigi Conato
(C.Bott.) Ha vissuto per lunghi anni nella terra lariana, frequentando assiduamente il massiccio delle Grigne e il Resegone. Attento osservatore e appassionato frequentatore proprio dei sentieri montani, nei primi anni Settanta realizzò l’Antologia alpinistica mandellese per conto del Cai Grigne e successivamente pubblicò Storie di alpini e artiglieri della nostra terra e altri volumi ancora.
A lui principalmente si deve il Soccorso degli alpini, costituito nel 1979 e in seguito divenuto un riferimento prezioso quanto irrinunciabile per il territorio dei comuni di Mandello, Abbadia Lariana e Lierna.
Per un trentennio Luigi Conato, scomparso nel novembre 2015, dedicò parte del suo tempo libero alla ricerca di tutto quanto ha riguardato la presenza di Leonardo da Vinci in terra lombarda. E lecchese in particolare. Il suo intento era infatti quello di dimostrare quanto questo stupendo territorio abbia influenzato il Grande genio e la sua opera e abbia ispirato al grande artista gli sfondi di alcuni tra i suoi più celebri dipinti quali la Gioconda, la Vergine delle rocce, Sant’Anna e altri.
Il suo imponente lavoro di ricerca si tradusse nel 2003 nella pubblicazione del libro Leonardo da Vinci nella Valle dell’Adda fra certezze, ipotesi, suggestioni.
Sul finire degli anni Ottanta Luigi Conato aveva già dato alle stampe, per la Casa editrice Sardini di Bornato in Franciacorta, un altro elegante volume dedicato a Leonardo e a una sua ricerca condotta nel territorio milanese, in Brianza e nel Lecchese, con particolare riferimento alla Valsassina e ai gruppi montuosi del Resegone e delle Grigne, dal titolo Leonardo e il paesaggio lombardo.
Nella prefazione lo storico e scrittore esinese Pietro Pensa spiegava che “il libro non è da assommarsi ai tanti più o meno interessanti studi che si pubblicano nelle ricorrenze centenarie, ma va posto in evidenza per la sua singolarità atta a far conoscere l’aspetto più genuino della personalità di Leonardo”.
“Questo è un libro - scriveva sempre Pensa - che, se appare prezioso a chi, come me, cerca ogni segno del passato per illustrare la terra del Lario e riportarla a quella notorietà che aveva nell’Ottocento del turismo inglese, un grande ruolo potrà avere anche per gli studiosi di Leonardo da Vinci”.
E Luigi Conato nell’introduzione del volume affermava: “Prima ancora che di una passione, pur viva, per l’arte di Leonardo, questo lavoro è frutto di un amore profondo per la terra lombarda e per Lecco in particolare. Per questo motivo ho il vivo desiderio che chi sfoglierà questo libro abbia a farlo con l’animo disposto alla critica, purché sia fondata sulla conoscenza di questi nostri luoghi ove occorre aver vissuto tutte le ore del giorno per apprezzare ogni dettaglio della loro mirabile composizione”.
Proprio Leonardo e il paesaggio lariano saranno il filo conduttore dell’incontro che si terrà martedì 24 ottobre alle ore 21 presso la sala conferenze del Soccorso degli alpini di Mandello. Una serata in ricordo di Luigi Conato a cura del nipote Stefano Morganti.
L’iniziativa è dell’Archivio comunale della memoria locale in collaborazione con lo stesso Soccorso degli alpini e con il patrocinio del Comune.

Le 4 mostre di VITALI a Milano



Successo di pubblico alle quattro mostre di Giancarlo Vitali

di Gianfranco Colombo - Poco meno di 40mila visitatori. Questo è il numero straordinario delle persone che hanno visitato le quattro mostre di Giancarlo Vitali; un happening artistico che ha praticamente “occupato” il centro nobile di Milano la scorsa estate. L’evento espositivo, curato da Velasco Vitali, figlio di Giancarlo e artista egli stesso, ha “occupato” quattro sedi espositive: Palazzo Reale, Castello Sforzesco, Museo di Storia Naturale, Casa del Manzoni.
Una sorta di itinerario dell’arte che ha coinvolto una marea di gente. Un successo confermatoci dall’assessore alla cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno: «Giancarlo Vitali, in meno di tre mesi, ha saputo conquistare un pubblico ampio e trasversale, attento alla qualità artistica delle esposizioni piuttosto che attratto dalla notorietà dei nomi proposti. Una conferma per alcuni e una scoperta per altri, e comunque una sorpresa per il pubblico milanese che ha avuto così modo di scoprire un universo artistico ricchissimo, formatosi in 88 anni di vita e di esperienza e finalmente rappresentato per epigoni in questa mostra di grande successo, anche per la critica più severa. La mostra ha sancito definitivamente il grande valore d'artista di Giancarlo Vitali». Non ci sarebbe altro da aggiungere se non esprimere la nostra soddisfazione di vedere confermata e riconosciuta, anche fuori dai nostri confini, la classe di un grande artista. Perfino lui, il Giancarlo Vitali che non esce mai di casa e che è sin troppo severo nei suoi confronti, questa volta sembra contento.
La mostra è andato a vederla ed anche lui ha dovuto riconoscerne la bellezza. Certo, senza esagerare come nel suo integerrimo stile. «Ho fatto i complimenti ai miei figli Velasco e Sara – ci ha detto – hanno fatto un ottimo lavoro. Grazie all’allestimento di Palazzo Reale mi sono piaciuti persino i miei quadri». Un commento che è una benedizione. Del resto queste mostre hanno lasciato il segno. E preferiamo citare le parole di Stefano Crespi, giusto per non essere accusati di partigianeria, noi che guardiamo lo stesso lago: «Se fosse nato solo qualche chilometro più a nord, giusto oltre il confine svizzero che da Bellano dista poco, la fama lo precederebbe e anche le quotazioni nelle aste avrebbero esiti diversi. Sarebbe David Hockney o Lopez Garda, e non semplicemente Giancarlo Vitali, classe 1929, il più importante pittore italiano vivente. Provinciali all’eccesso, nell’adesione alla modernità, abbiamo buttato via un secolo di grande arte nel nome delle mode e dell’ideologia. Basterebbe recarsi a Palazzo Reale a Milano, dove si confrontano fianco a fianco il campione del concettualismo, Vincenzo Agnetti (1926-1981), e appunto, in una esposizione epocale, il suo quasi coetaneo Giancarlo Vitali per comprendere chi dei due è più contemporaneo, come appaiono spesso fané le trovate del primo rispetto alla solida pittura del secondo». Non male direi e credo che queste considerazioni le abbiano fatte in tanti. Del resto, le quattro mostre milanesi erano una scoperta nella scoperta, una specie di festa della pittura, a cui si è aggiunto anche un grande regista come Peter Greenaway. Alla Casa del Manzoni ha messo in scena uno spettacolo ricco di suggestioni, difficile da dimenticare. Dopo Tommaso Grossi, un altro bellanese ha abitato la casa di don Lisander e se ne sono accorti tutti perché la “sacra” dimora dell’autore dei Promessi sposi è stata letteralmente rivoluzionata. 
Ed a proposito di rivoluzioni la portata di queste mostre l’aveva ben capita Velasco, il figlio che si è trovato a metter mano all’opera paterna, immergendosi dentro la vita del genitore: «L’esistenza di tuo padre spesso la dai per scontata, ma guardandoci dentro, in questo caso attraverso le sue opere, capisci che è tutto diverso». Velasco ha sottolineato sin da subito l’importanza di opere che danno alla periferia dell’ispirazione un valore universale: « Da questo itinerario emerge l’importanza della “localizzazione” per Giancarlo Vitali. Appare evidente come per lui essere un pittore “locale” non sia una diminuzione ma al contrario un valore linguistico forte. Dalle quattro mostre si capisce chiaramente che lui resiste alle sue radici perché le ritiene fondamentali. Le quattro mostre sono un’antologica strutturata con un inizio ed una fine che non ha cedimenti». Queste parole, pronunciate prima dell’inaugurazione, hanno trovato conferma negli occhi e nei sentimenti di chi le ha visitate. Giancarlo Vitali parla a tutti perché la sua pittura sa sorprenderci.

Domenica 22 ottobre - Presentazione del libro IL RE CHE VERRA' a E..qui..Libri!



Presentazione del libro
IL RE CHE VERRA' di Giovanni Corti (ed. Il Ciliegio)
Domenica 22 ottobre alle ore 15
LURAGO d'ERBA
Scuola Elementare, Piazzale Carlo Porta

Venerdì 20 Ottobre - La cucina brianzola, tradizione e innovazione

La cucina brianzola - Tradizione e innovazione
Serata organizzata dall'Ass. Università del Monte di Brianza, in collaborazione con la ProLoco di Oggiono e la partecipazione dell'Ass. CUOCHI BRIANZA
Venerdì 20 Ottobre 2017
alle ore 21
Presso la Sala Convegni della BCC Alta Brianza di Alzate Brianza
a OGGIONO, via Lazzaretto 15
RELATORI:
Alberto Somaschini - presidente Ass. CUOCHI BRIANZA;
Paola Silva - presidente LADY CHEF;
Marco Colombo e Riccardo Giussani - giovani cuochi

La cucina tipica della Brianza si è mantenuta fedele alla tradizione perché nemica delle sofisticazioni alimentari: essa è fatta di semplicità, sa di paese, utilizza ingredienti spesso poveri, ma di sicuro effetto.
le ricette sfuggono ogni tipo di complicazione culinaria e rispondono a regole di
ECONOMICITA': si tratta di preparazioni che hanno alla base le parti di scarto della carne (cazzoula, intingoli, busecca) o verdure coltivate direttamente nell'orto di famiglia.
PRATICITA' DI PREPARAZIONE: nonostante il paradosso della lunga cottura si tratta di ricette di breve preparazione.
MASSIMO NUTRIMENTO: sapore e sostanza rimangono nell'intingolo.

Pare siano state l'impazienza e la frettolosità dei brianzoli ad aver dato origine ad alcuni piatti tipici della tradizione gastronomica locale. la maggior parte di essi, dal minestrone alla brianzola alla busecca, nonché la stessa cazzoula, bisognano ancora oggi di lunghe cotture a fuoco lento, nonostante le moderne tecnologie permettano di abbattere notevolmente i tempi. La preparazione di questi piatti era molto semplice e veloce: nella fase iniziale si metteva tutto nel paiolo, si portava poi a ebollizione e quindi si prolungava la cottura al fuoco dolce della stufa per tutto il tempo necessario e ancor più. Tutte le ricette tipiche inoltre non temevano le ipercotture, anzi, se riscaldate risultavano ancor più buone, favorite dalla tenacia tipica dei prodotti genuini che non perdevano consistenza anche dopo aver superato il giusto grado di cottura.
 

Ottobre 2017 - Diario poetico di gaetano Montanelli

Sarà
una giornata
particolare
con un pizzico
di follia
in più
e niente
altro.

***

All'altro
capo
del
telefono
un
vuoto
a
rendere.

***

Sarà
amore
quello
vero
quello
sincero
enon
ci sarà
altro se
non la morte
dopo.

***

Oltre il limite - personale della pittrice Ausilia Minasi in LiberaMente

Inaugurazione MOSTRA
SABATO 7 Ottobre 2017
ore 17
 
MOSTRA PERSONALE
della pittrice
AUSILIA MINASI
in
Libreria LiberaMente
Mese di OTTOBRE 2017
La mostra è visitabile durante gli orari di apertura della libreria

Oltre il Limite
AUSILIA MONTAGNA MINASI

Noi siamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’autocoscienza. Abbiamo incominciato a comprendere la nostra origine: siamo materia stellare che medita sulle stelle.
(Carl Sagan)

Scegliere di percorrere le vie dell’astrattismo per alcuni artisti significa scandagliare nel profondo il DNA dell’emozione. Questo è il caso di Ausilia Montagna Minasi, artista e poetessa, che attraverso il colore e la struttura compositiva nelle sue opere libera la materia dalla costrizione del limite e nutre l’anima di forti emozioni. L’artista non ricerca forme che ricreino gli archetipi genotipici dell’esistenza per ritrovare serene e rassicuranti conferme ma composizioni che rivelino il nucleo emozionale di ciascuno di noi e che esplorino la vera essenza dell’essere, inteso come continue relazioni tra infinito e finito. L’emozione, sia essa positiva sia essa negativa, è lo strumento basilare per questa infinita corrispondenza tra i livelli di esistenza superiori e inferiori. Con le sue opere ci dimostra che possiamo “vivere” l’universo e rafforzare la connessione con le energie più profonde. Attraverso le emozioni possiamo ritrovare l’anelato senso di unità con il Creato ed il Cosmo e così l’uomo si riscatta dalla frustrante sensazione di infinita piccolezza ed insignificanza per divenire particella fondamentale del Tutto.

L'astrattismo, invero, utilizza un linguaggio visuale di forme, colori e linee indipendenti dalle referenze visuali della realtà, ovvero crea immagini che non appartengono, almeno apparentemente, alla nostra esperienza visiva… ma che, per quanto concerne il percorso artistico di Ausilia M.Minasi, hanno un potenziale comunicativo elevatissimo. L’immagine astratta, infatti, trasmette informazioni percettive che stimolano una reazione di tipo psicologico attraverso una risposta empatica ai colori, alle linee ed alle strutture compositive. Possiamo così definire il gesto creativo dell’artista come una traccia esistenziale a cui tutti partecipiamo e da cui tutti siamo inesorabilmente coinvolti emozionalmente. È l’empatia, quel sapere “sentire dentro”, quel saper vibrare all’unisono con se stessi, con gli altri, con l’universo intero. Nel mondo dell’arte astratta, infatti, l'empatia diviene una componente essenziale della nostra esperienza di fronte ad un'immagine. È una sorta di risonanza con l'opera d'arte anche quando non c'è nulla di concretamente materiale con cui immedesimarsi. Manca la figura ma l’impatto emozionale si potenzia.

Ausilia M.Minasi rafforza nelle sue opere la stimolazione empatica grazie ad un accentuato dinamismo che deriva in primo luogo da una pura esplosione di colore, una sorta di originale Big Bang che si libra nell’infinito della nostra anima. Soffermiamoci dunque sulla sua scelta cromatica e sulle modalità del suo utilizzo del colore. Si tratta di una cromia elegante ed fortemente espressiva, fatta di contrasti luministici e tonali. Colori freddi e caldi si alternano per dare vita al flusso del pensiero che naviga libero e veloce. Certo il colore è la percezione che avvertono i nostri occhi della luce riflessa dall’oggetto che stiamo osservando, ma è anche un potente mezzo per capire noi stessi. I nostri occhi sono in grado di percepire fino a 10 milioni di sfumature di colore e nel contempo la nostra anima ed il nostro spirito possono percepire altrettante sfumature di emozioni. Il colore ci nutre, ci fa esperire nella soggettività la realtà, ci sollecita in un percorso di crescita e conoscenza del sé e dell’altro. Per Ausilia M.Minasi scegliere un colore significa vivere un’emozione e farci vivere un’emozione, dare avvio ad un’avventura interiore.

Linee e colore creano uno spazio infinito e profondissimo, ma soprattutto colto nel suo espandersi. Le linee – elementari e primitive, senza alcunché di frivolo o lezioso, ma veloci e vivaci – generano l’immagine del movimento armonico e della vitale e deflagrante energia in cui si evidenziano isole di forme cognitive. Come se esistesse il motore immobile di Aristotele, le vibrazioni dell’essere si espandono da un ipotetico nucleo e sta alla coscienza di ciascuno penetrare tutto lo spazio e di conseguenza prendere consapevolezza della vitalità dell’intelligenza universale e della infinita prospettiva dell’essere dando significato al muoversi in sé e agli elementi colti in un attimo di immobilismo, presenti nell’opera. Quelle figure abbozzate da poche linee compendiarie sono la chiave di lettura, un input soggettivo valoriale. Potremmo definirle solo macchie di colore, ma in queste ciascuno di noi legge una verità, una interpretazione introspettiva.

Le opere di Ausilia Montagna  Minasi dimostrano, dunque, che ciascuno di noi porta in sé il centro dell’universo. Nell’uomo, finito, vive l’eternità, poiché esso non è altro che un piccolo universo che risuona all’unisono con il Cosmo. È questo il messaggio forse più importante e positivo che raccogliamo dal suo mondo artistico. Emanuela Fortuna 
Ausilia Minasi
NOTA DELL' AUTRICE
Ausilia Montagna Minasi nasce in Sicilia a Cesarò, e dall'età di tre anni vive in brianza conservando  vivido l'imprinting dell'isola natia. La poesia come espressione lirica della sua esistenza accompagna il dipingere con colori accesi  vivide tele di stampo informale ed astratto. Sublima, nel fondare una compagnia teatrale amatoriale; il main stream dove fluiscono e si complementano le muse della pittura e della lirica, curando bozzetti  scenografie policromatiche. Da queste esperienze pittoriche - multimediali nasce e si amplia il concetto di poesia vestita e la compagnia dell'origano selvatico si esibisce nei circuiti istituzionali ad allietare gli ospiti di numerose case di riposo per anziani ed infermi fino a rappresentare ripetute impegnative pièces teatrali all'ospedale Manzoni di Lecco.
Artista sensibile dallo spirito eclettico, impegnata in eventi musicali e coreografici trasferisce nelle sue opere il vissuto quotidiano e si adopera altresì ad offrire nelle scuole i suoi laboratori  di poesia per instillare nei più piccoli  la musicalità della parola e dare nutrimento poetico e linfa nuova  alle generazioni future.
Alternando l'esecuzione di dipinti informali ed astratti a liriche e racconti che suscitano attento interesse e valida pubblicazione  su riviste specializzate.
La sempre crescente produzione di quadri intimamente legati ai canoni pittorici dei maestri dell'astrattismo informale si esplica in composizioni poetico-pittorico e diviene complementare all'afflato artistico sostanziate da riconoscimenti in concorsi nazionali e internazionali.
Ha frequentato inoltre l'accademia artisti di Milano dove ha potuto affinare ed evolvere il percorso in divenire acquisendo maggiore coscienza dell'io donato e ponderata autostima del talento pittorico.
Ultimo ma non minore dal 2014 concepisce ed attua il libro unico e itinerante, offerto quale bene popolare collettivo dal titolo:” Poesia in viaggio-nutriamo il mondo con la poesia”. Il libro viaggiante è oggi custodito  presso la biblioteca  di Eupilio (Co) mentre il secondo volume di questo libro itinerante sarà donato alla cittadinanza in occasione dell'imminente personale che giunge a coronamento dell'intimo  percorso  pittorico, l'esposizione di quadri dell'autrice avverrà presso la casa museo di Giuseppe Parini nel comune di Bosisio (Lc) nel novembre 2017.


Prefazione
Conosco Ausilia Montagna Minasi sin dagli albori del suo debutto nelle arti, agli inizi del nuovo secolo.
Intellettualmente attenta e curiosa ha battuto le vie impervie della poesia intima dell'anima, sostanziata da molteplici incontri e manifestazioni culturali che l'hanno vista partecipe e protagonista a tutto titolo.
Il dato pittorico si affacciava imperioso e compulsivo coniugandosi ed integrandosi in eventi poetici alternati ad esibizioni di antiche e fascinose danze etniche in un poliedrico intreccio di muse differenti, ben tese a manifestare il forte temperamento artistico e l'ansia di esprimerlo.
Policromatici e modernisti i primi dipinti già annunciavano una possente aderenza all'arte astratta, alla sublimazione di colori narranti, animo inquieto e mente poetica.
Esigenti critici l'hanno accostata a Jackson Pollock  e mi piace confermare questa fortissima impressione primaria non priva di un dolce filo armonico e metrico di poesia dipinta.
Imprescindibile concordanza e coesistenza di muse diverse dispensatrici di scintillanti cromatismi. L'impronta primigenia risale alla severa scuola del Maestro Vittorio Martinelli e l'evoluzione concettuale subisce una decisa accelerazione da esperienze di scuola d'artista ed il confronto con autori di varia tendenza in mostre aperte ed eventi multidisciplinari.
La produzione di questi ultimi due anni vira ed esalta un tratto sicuro ed il progetto ambizioso quanto vincente sull'uso di materiale eterogeneo, glitter, garze, cordoni alla Baj e stoffe, sino alla juta di Burri ed ai pannelli bianchi di cartongesso incorniciato e racchiuso in una gabbia policromatica assolutamente periferica e claustrofobica.
Di questa donna geniale, e generosa d'arte converrà seguire a breve, molto a breve, un'imprescindibile successo, fin qui auto denegato per innata pudicizia e ricercato senso di un basso profilo.  G.G.V

N.B.
L'autore di questa prefazione è un  appassionato cultore di arte moderna ed al momento il maggior collezionista delle opere di Ausilia M.M.