Giovedì 25 Aprile 2013 - Catena di salvezza - Il viaggio della speranza che passava da Oggiono


NELLA RICORRENZA DEL 25 APRILE
FESTA DELLA LIBERAZIONE
CATENA DI SALVEZZA
di Carla Liliana Martini
IL VIAGGIO DELLA SPERANZA CHE PASSAVA DA OGGIONO
Ricerca e racconto a più voci di una storia della RESISTENZA
“Catena di salvezza” è il titolo di un libro, scritto da una donna, Carla Liliana Martini, deportata a Mauthausen perché, dopo l’8 settembre 1943, con le sorelle accompagnava personalmente prigionieri di guerra alleati, ebrei e renitenti alla leva in fuga verso la Svizzera.
Liliana scrive: “Il percorso programmato è Padova-Milano, dove si cambia il treno e linea, per proseguire sino a Oggiono, poi sul lago di Como, dove le persone vengono affidate a contrabbandieri precedentemente avvisati e profumatamente pagati…”.
E’ stata questa la molla che mi ha spinto (supportato dagli amici dell’associazione Università del Monte di Brianza) a ricercare e ricostruire la storia che racconteremo giovedì sera.  E’ un pezzo della Storia (quella con la esse maiuscola), che in qualche modo ci vide coinvolti, consapevolmente o inconsapevolmente, perché da Oggiono passava la via di fuga, il viaggio della speranza e quindi della vita, di centinaia di persone dalla fine del 1943 alla fine della guerra.

L'iniziativa nasce in collaborazione con la Biblioteca Civica "Franco Pirola" di Oggiono e l'Associazione Università del monte di Brianza.
 La STORIA


Sembra che tutto sia stato scritto. Sei convinto di sapere tutto, poi d’improvviso ti imbatti in tre righe di un libro che per caso ti passa per le mani. Ho iniziato così una ricerca su una storia dimenticata o semplicemente non conosciuta.
Credo sia importante farla conoscere. In qualche modo ci vide coinvolti, consapevolmente o inconsapevolmente, perché da Oggiono passò la via di fuga, il viaggio della speranza e quindi di vita, verso la Svizzera, di molte persone, dall’inverno del 1943 alla fine della guerra.
La storia parte da Vicenza, esattamente da un articolo del Giornale di Vicenza di una decina di anni fa. E’ la testimonianza di una signora, Carla Liliana Martini, sopravvissuta a Mauthausen.
La fame, il freddo, le percosse, le umiliazioni... No, non è stato facile. Ma rifarei ogni cosa. Perché ho scoperto cosa vuol dire solidarietà e, nonostante tutto, non ho ancora perso la fiducia negli uomini». Il messaggio di Liliana Martini, ex "schiava" di Mauthausen col n° 18974, è di quelli che lasciano speranza. Eppure viene da una persona scampata ad un luogo privo di speranza: dall’inferno dei Lager, dove morirono 40 mila deportati italiani, lei è tornata.…
«Ricordo la gioia del 25 luglio (1943) per le strade di Padova: poco dopo le campagne brulicavano di ex prigionieri alleati fuggiti dalla detenzione. Un’amica di mia sorella Teresa, che lavorava in Prefettura, ci informò di quanto i contadini facevano per loro, nascondendoli. Tutta la famiglia entrò nella rete di aiuto, gestita dalla parrocchia: cominciammo ad accogliere ex prigionieri, poi renitenti alla leva, poi anche ebrei. Il salto di qualità fu con i contatti presi da mia sorella Lidia con un ufficiale che teneva i collegamenti con la Svizzera, Armando Romani, sovvenzionato dagli americani, e poi con padre Placido Cortese...».
Padre Cortese, direttore del “Messaggero di S. Antonio”, era tra i principali organizzatori. Veniva dall’isola di Cherso, tanto che presto si cominciò ad aiutare anche i croati prima prigionieri a Chiesanuova. Molti erano ebrei. Il problema stava nei documenti d’identità: padre Placido riuscì ad avere carte e timbri, per le foto si staccavano gli ex-voto dalla basilica del Santo. Noi davamo loro alloggio, soldi, vestiti: la nostra casa era un continuo via-vai, mascherato dall’agenzia di assicurazioni dei miei fratelli, che avevamo portato fra le mura domestiche. Il viaggio della speranza era Padova-Milano-Oggiono-confine svizzero..

Che strano. Un giornale veneto che parla di Oggiono. Sarà vera la storia di questa signora Martini? Poi perché arrivavano a Oggiono, in fondo non siamo così vicini alla Svizzera? Chi c’era qui ad accogliere queste persone? Erano molte le domande che mi ponevo. Occorreva approfondire.
Nel libro "CATENA DI SALVEZZA" (ed. Messaggero di Padova) Carla Liliana Martini scrive:
“A Padova prende forma la catena di salvezza di cui noi sorelle (Teresa, Lidia, Renata, Liliana) siamo dei semplici anelli. Il percorso programmato è Padova-Milano, dove si cambia treno e linea, per proseguire sino a Oggiono, poi sul lago di Como, dove i perseguitati vengono affidati a contrabbandieri precedentemente avvisati e profumatamente pagati. Costoro faranno attraversare il confine italo-svizzero, verso la salvezza.”
Attraverso la lettura del libro, telefonate, mail, altri libri, internet, sono riuscito a ricostruire tutta l’organizzazione. Praticamente, dopo l’8 settembre 1943 (annuncio dell’Armistizio) e con la nascita della Repubblica di Salò, l’Italia si trova divisa in due. Il Re con la sua corte fugge al Sud, mentre l’Italia del Nord viene occupata militarmente dall’esercito tedesco. I nostri soldati, privi di direttive rimangono in balia del nemico tedesco di cui erano alleati il giorno prima. Molti abbandonano la divisa dandosi alla fuga, altri si danno alla macchia unendosi alle prime formazioni partigiane, altri vengono arrestati e spediti in Germania. In Italia ci sono circa 400 campi di concentramento o di detenzione per prigionieri di guerra: soldati britannici, russi, americani. Questi prigionieri erano adibiti perlopiù come forza lavoro in agricoltura. Anche loro scappano cercando rifugio soprattutto dai contadini che conoscevano, presso civili o nelle chiese. Quando i tedeschi si riorganizzano, diventa troppo pericoloso nasconderli. Occorre organizzare loro una via di fuga.
A Padova si forma un movimento di resistenza cittadino che si chiama FRA-MA dalle prime lettere dei nomi dei suoi due capi, due docenti universitari: Ezio Franceschini, cattolico e Concetto Marchesi, comunista. Assieme a loro operano una schiera di collaboratori fedelissimi delle più disparate condizioni sociali, politiche, religiose: frati e operai, parroci e casalinghe, commercianti e bibliotecarie.
Sono loro che si occupano dell’espatrio clandestino, dapprima dei prigionieri di guerra, poi ebrei e renitenti alla leva.
Una figura importante è rappresentata da Padre Placido Cortese. Dalla Basilica del Santo (S. Antonio), coordina e organizza i viaggi. E’ il perno dell’organizzazione. Lui procura i documenti, i timbri falsi. Le foto vengono prese dagli ex voto della basilica. E’ lui che gestisce i soldi che arrivano, parte dal Vaticano, parte dal Console britannico a Lugano. A ottobre del 1944, viene arrestato e a novembre viene ucciso negli uffici della Gestapo di piazza Oberdan a Trieste. Ha solo 38 anni. Per  lui è in corso la causa di beatificazione. Padre Cortese è un anello della catena.
Sono anelli anche le sorelle Martini e altre donne, che accompagnavano personalmente in treno fino a Oggiono queste persone. La partecipazione diretta delle donne è fondamentale. I viaggi sono rischiosi. La maggior parte delle persone accompagnate non parla italiano e non sa nemmeno dove sia Milano, Figurarsi Oggiono. Liliana allora aveva 18 anni. A marzo del 1944 viene arrestata e deportata a Mauthausen. Tutte le sorelle vengono arrestate tranne Lidia perché quel giorno è a Oggiono con 2 ebrei. Lidia, avvertita, viene nascosta per 2 mesi in una casa di Annone Brianza. Verrà arrestata in seguito e rinchiusa nel lager di Bolzano.

Perché Oggiono.

Il CNLAI di Milano individua dei corridoi di fuga verso la Svizzera. Uno è quello della Val d’Ossola. Il più importante è quello della Brianza, affidato al comando di Guido Brugger di Malgrate (morto a Gusen il 26 novembre 1944). Lo aiutano, Giancarlo Bertieri Bonfanti di Annone Brianza (ha una radio trasmittente “Brianza Libera” che trasmette da Oggiono) e più nell’ombra ma non memo importanti, l’Avv. Col. Davide Luigi Grassi di Oggiono (Grassi sarà il primo Questore di Como dopo la Liberazione) e il Prevosto Carlo Gottifredi. Anche loro son anelli della catena di salvezza.
Como e Varese sono troppo sorvegliati. Si decide quindi di utilizzare i sentieri usati dai contrabbandieri e i contrabbandieri stessi, che diventano “passatori”. La gente arrivava a piccoli gruppi utilizzando il treno. Scendevano alle stazioni di Merone, Rogeno, Molteno e Oggiono (testimonianza Martini). A piedi o su carretti, raggiungevano alcuni cascinali (cascina Brugné di Bosisio Parini, la vecchia filanda di Cesana) dove rimanevano nascosti in attesa dei contrabbandieri. Da lì, con i contrabbandieri di Cesana e Suello, salivano al Segrino, Sormano, Poi giù ai Piani del Tivano fino a Nesso sul Lago di Como. Attraversavano in barca. Dopo il Bisbino c’era la Svizzera. Altrimenti raggiungevano Caslino d’Erba, Faggeto, il lago.
La catena si spezza alla fine del 1944. Le sorelle Martini vengono arrestate a marzo, altri i mesi successivi. Guido Brugger a maggio, Padre Cortese a ottobre. Anche Grassi conoscerà il carcere. Molti sono passati da lagher tristemente famosi, alcuni sono ritornati, altri hanno perso la vita.
Grazie a loro, si sono salvate centinaia di persone.
Ho sentito telefonicamente la signora Carla Liliana Martini. E’ una delle poche sopravvissute. Abita a Zanè (Vicenza). Oggi ha 87 anni, ne aveva 18 quando faceva i viaggi. Deportata a Mauthausen per questo. Quanto gli piacerebbe tornare a Oggiono. Mi ha chiesto se c’è ancora la stazione. Le ho chiesto di venire ma mi ha detto che la sua salute non le permette di fare viaggi lunghi. Allora le ho promesso di incontrarla a casa sua. Faremo il viaggio della speranza al contrario.
Corti Giandomenico

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